L’Ecuador inizia alla metà del mondo. Cresce, si espande e si srotola verso Sud, verso quell’America Latina che a volte, nell’immaginario dell’Europa, lo sovrasta.
Un altro emisfero, altre stelle, altre persone e soprattutto un Oceano e un intero continente e a dividerlo dalla nostra Italia.
Per arrivare qui a Santo Domingo, poi, bisogna attraversare l’Amazzonia con la sua natura incontaminata e sconosciuta, e superare le alte vette delle ande dove abitano i kichwa con la pelle modellata dal sole. Appena si intravedono i bananeti, da quelle parti c’è Santo Domingo.
Non proprio dietro l’angolo.
Santo Domingo de los Tsachilas, dal nome della comunità indigena originaria di queste zone. Una città giovane, costruita intorno alla voglia e al bisogno di trovarsi un lavoro e iniziare una nuova vita, crocevia di tutti gli ecuadoriani (e non solo). Puoi camminare per le sue strade e pensare di essere sempre nello stesso punto, accompagnato dal grigio delle case e dall’odore di cibo, dai machete alla cintura e dagli stivali di gomma. Ma basta poco, basta una svolta in una piccola strada innocua, per ritrovarsi in un mondo che non ti aspetti in questo Paradiso selvaggio.
Cristo Vive, Santa Martha, Bellavista sono solo alcuni dei nomi dei barrios più poveri della città. Le favelas, come le chiamiamo oltreoceano. Distese di baracche costruite con qualche asse di legno infilata a terra, e un po’ di canna di bambù e foglie sul tetto, magari un pezzo di lamiera. Qui non fa mai freddo, quindi il problema dei muri quasi non c’è. Avvicinandosi bene, tra una tavola e l’altra, si può vedere nelle case. Il pavimento è di terra battuta dalle persone che entrano e escono senza sosta. Baracche costruite sulle rive di torrenti, che possono ospitare famiglie di 6, 8, 10 persone.
La maggior parte di queste persone non esiste. Non hanno documenti, non hanno una data di nascita, non sono mai andati a scuola, non hanno accesso alla sanità, all’acqua corrente, alla luce. Non esistono, eppure quando i loro figli entrano dal cancello arancione di Soñando por el Cambio, con i loro zainetti e le loro risate si sente, allora sì, che esistono.
E’ proprio in questo contesto che agisce Sensacional, sostenendo all’interno del progetto Soñando por el Cambio i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze nel percorso di riconoscimento dei loro diritti e nella loro crescita e sviluppo personale.
I colori di Sensacional animano la biblioteca del progetto, dove i bambini possono leggere e condividere i libri, fare lezioni e laboratori. Gli stessi colori che accolgono gli studenti del progetto nel centro medico dove medici ecuatoriani e italiani forniscono a loro cure gratuite e un monitoraggio continuo della loro situazione di salute. Quei colori che si uniscono al profumo della natura nelle due serre dove si coltivano prodotti rigorosamente organici per sostenere la mensa del progetto e dove i ragazzi imparano il rispetto per la natura e la cultura del cibo sano.
Educazione, sanità e ambiente. Il percorso di cambiamento inizia da qui, da questo posto un po’ oltre la metà del mondo.