Educare noi stessi ad educare il mondo profit: si può!
di Oriella Triolo scritto il 24 Giu, 2015 - 1 comment
Si sa: oggi il cruccio principale di tutte le organizzazioni non profit è raccogliere fondi per eseguire i propri progetti. Le istituzioni, le aziende, le fondazioni e i privati cittadini si trovano però sempre più in ristrettezze economiche e non riescono a sostenere il fittissimo tessuto dell’associazionismo italiano, fatto (anche questo si sa) di tante eccellenze e buone pratiche, ma anche di carenze, contraddizioni, zone d’ombra ed inefficienze, sempre meno accettabili nel 2015 (Svegliaaa! Non siamo più negli anni ‘70!!).
In Sensacional abbiamo scelto fin dalla nostra nascita di avviare partnership solide con aziende e fondazioni d’impresa per realizzare i nostri progetti di innovazione sociale e sostenibilità, perché riteniamo che il mondo profit possa e debba concorrere al cambiamento positivo della società, rendendola più sana e giusta, ma anche che con le proprie scelte di finanziamento possa contribuire all’evoluzione del terzo settore, responsabilizzandolo ed esigendo di più. Avere una mentalità orientata al profitto permette alle aziende di valutare le proposte sociali in maniera oggettiva e meno passionale, quasi “cinica” dal nostro punto di vista, e dare spazio ad azioni più legate all’attualità della società civile e meno (per fortuna o purtroppo) all’idealismo. Il mondo cambia e con esso l’idea di società che le persone vogliono costruire e le associazioni devono tenere conto di tutto questo, cercando di essere il meno attaccate possibile alle proprie posizioni, perché corrono il rischio di diventare anacronistiche, penalizzando in questo modo la considerazione che la società ha di tutto il nostro settore.
Ad ogni modo, anche questo percorso di selezione delle proposte da parte dei finanziatori, che a prima vista può sembrare virtuoso, senza sprechi, efficiente, “meritocratico”, contiene in sé alcuni limiti sostanziali che non lo rendono vincente: il principale è il fatto che per realizzare (e bene) un progetto sociale non bastano solo i soldi, ma ci vuole anche…… il sociale! Ossia una serie infinita di piccoli passi da compiere, di aspetti da considerare, di delicatissimi equilibri da preservare, che molto spesso vengono sottovalutati o addirittura ignorati da chi non lavora ogni giorno con le persone, coi loro problemi, con i loro sogni e le loro speranze.
E allora come si fa a mantenere l’equilibrio tra ideali e necessità? Come si riesce a mantenere l’identità delle nostre proposte e parallelamente incastrarle dentro a dei bandi o dei form molto vincolanti, che sono preparati da persone spesso esterne al sociale e che non tengono conto della mutabilità dei progetti, che poi è una caratteristica della natura stessa dell’uomo? 😉
Personalmente, credo che non si possa pretendere di essere ascoltati e compresi fino in fondo nelle nostre istanze, senza riuscire a nostra volta ad ascoltare e comprendere l’altro, per quanto diverso e lontano sia da noi. Ritengo che non tutti i rappresentanti del mondo profit siano spietati capitalisti, wolf di Wall Street o Piazza Affari ossessionati dai dividendi di fine anno, che utilizzano i progetti sociali solo per un mero ritorno di marketing; anzi, il fatto che le aziende si aprano favorevolmente ad attività sociali e di volontariato all’interno ed all’esterno delle proprie sedi sta proprio a testimoniare che tra i lavoratori c’è una richiesta di maggiore umanizzazione degli scopi aziendali e di maggiore integrazione tra il business e la società che gli sta intorno. Quindi, la chiave per “noi” può essere quella di educare con l’esempio, perdonando l’impostazione aziendalista di chi eroga ed accettando le sue regole del gioco (del resto, da piccoli chi aveva il pallone faceva le squadre… no?): sta a noi eseguire progetti meravigliosi, efficaci, dirompenti nonostante tutte le limitazioni imposte ed insegnare a chi viene da un altro mondo che il successo di un’attività sociale sul territorio non si può misurare solo in base a parametri quali il numero dei beneficiari coinvolti o il taglio di costi per le risorse umane, per “mandare tutto ai progetti, a più persone possibile”…. è un assurdo che noi vediamo chiaramente, ma è inutile spiegarlo a parole perché per molti esponenti del mondo profit ci vedono solo come un elemento esotico ed innocuo della società, gli idealisti che vogliono salvare le balene, bloccare l’effetto serra, integrare i poveri e gli immigrati, ecc ecc ecc.
Mi sono trovato nella situazione di educare il profit con l’esempio proprio recentemente, presentando con Sensacional un progetto di sostenibilità ambientale e sociale a Roma ad una fondazione aziendale internazionale: struttura interna ben impostata, comitato tecnico di valutazione, parametri precisi ed ineludibili nel form, vincoli strettissimi su beneficiari e modalità di implementazione delle attività…. In pratica, una fondazione normale!!!
Ma a Sensacional (e questo direi che ormai si sa) crediamo nel “bene fatto bene”, quindi non ci siamo persi d’animo ed abbiamo deciso di presentare comunque una proposta a modo nostro (bella innovativa sostenibile partecipata simpatica irriverente ecc ecc ecc), rispettando comunque tutti i paletti della fondazione. Questo ha provocato un misto tra stupore e sdegno all’interno del comitato di valutazione, che anziché bocciare la nostra candidatura per manifesta insubordinazione alle regole, ha voluto sapere di più della nostra idea. Ne è nato un confronto fittissimo di mail, telefonate, documenti integrativi, che ha avvicinato due mondi molto diversi tra loro: la diffidenza iniziale si è trasformata in curiosità, interesse, passione, partecipazione… tanto da modificare in meglio, con le integrazioni di tecnici forniti dalla fondazione, la nostra proposta iniziale. Oggi il progetto è stato finanziato dalla fondazione e la cosa bella è che ormai non si aspetta altro che il progetto vada a regime, perché se dovesse avere successo a Roma sarebbe prontamente replicato dalla fondazione in altre parti d’Italia e d’Europa, per la sua duttilità e la sua capacità di generare un impatto durevole nel territorio. E questo, va detto, è un’azione esecutiva ed immediata che solo chi ha una mentalità profit può portare avanti.
Quindi, amici, siate sfrontati, lavorate bene e con competenza, immaginate senza limiti ed abbiate fiducia nelle vostre idee, miglioratele costantemente, perché anche le porte più chiuse possono decidere di aprirsi se si trova la chiave giusta.
vito caponio
Luglio 12th, 2015 17:53
Molto bello perché, credo anch'io, che il profit è bello quanto il non profit ma bisogna sapere fare bene perché si incontrino ed abbiano una condivisione entusiasmante. Spero presto di trovare qualche news sul progetto di Roma!